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Proposta di soluzione amichevole della Mediatrice europea nel quadro dell'indagine relativa alla denuncia 1078/2013/EIS contro la Commissione europea

Formulata in conformità dell'articolo 3, paragrafo 5, dello Statuto del Mediatore europeo

Antefatti della denuncia

1. La denuncia in esame riguarda la gestione da parte della Commissione di una denuncia di infrazione relativa al rifiuto da parte delle autorità italiane di riconoscere le qualifiche estere di un ingegnere a seguito del mancato riconoscimento di una qualifica intermedia che dà accesso a quella finale.

2. Il denunciante è un cittadino italiano che ha studiato ingegneria nel Regno Unito, dove ha ottenuto le seguenti qualifiche:

i) certificato in Electronic engineering rilasciato dal British Institute of Engineering Technology (in appresso "BIET") nel 1985;

ii) diploma di Associate member, emesso dalla Society of Engineers nel 1986;

iii) diploma di Member, emesso dalla Society of Engineers nel 1990;

iv) diploma postuniversitario in produzione industriale, conferito dall'Open University nel 1997;

v) Master of science in gestione della produzione (in appresso "MSc"), conferito dall'Open University nel 1999;

vi) qualifica di Chartered engineer (in appresso "CEng"), conferito dall'Engineering Council e dall'Institution of Engineering & Technology nel 2006; e

vii) dottorato (PhD) in ingegneria della produzione industriale, conferito dalla Brunel University di Londra nel maggio 2011.

3. L'articolo 11 della direttiva 2005/36/CE[1] (in appresso "la direttiva") stabilisce i seguenti cinque livelli di riconoscimento delle qualifiche professionali:

● attestato di competenza rilasciato da un'autorità competente dello Stato membro d'origine che certifica che il titolare ha acquisito le conoscenze generali corrispondenti a un livello d'insegnamento primario o secondario o ha ricevuto una formazione non facente parte di un certificato o di diploma o ha sostenuto un esame specifico non preceduto da una formazione o ha tre anni di esperienza professionale;

● certificato corrispondente a una formazione di livello secondario tecnica o professionale o di carattere generale, completata da un ciclo di studi o di formazione professionale;

● diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento post-secondario di almeno un anno ovvero di una formazione professionale comparabile in termini di responsabilità e funzioni;

● diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario di una durata minima di tre anni e non superiore a quattro anni; e

● diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario della durata di almeno quattro anni.

4. Dal momento che nel 2007 intendeva esercitare la professione di ingegnere in Italia, il denunciante ha richiesto al ministero italiano della Giustizia di riconoscere la sua qualifica di "CEng" equiparandola a un diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario della durata di almeno quattro anni, che gli avrebbe consentito di essere iscritto all'albo degli ingegneri italiani alla sezione A (ingegnere industriale)[2].

5. Nel 2009 il ministero italiano della Giustizia ha comunicato al denunciante che le sue qualifiche, in particolare il certificato di Electronic engineering, il diploma di Associate member e il diploma di Member rilasciati dalla Society of Engineers non erano ritenuti validi ai fini del riconoscimento ai sensi del decreto italiano di recepimento della direttiva. Di conseguenza, il denunciante è stato iscritto all'albo degli ingegneri alla sezione B (Ingegnere junior - qualifica corrispondente al terzo punto in neretto sopra) invece che alla sezione A, come da lui richiesto. Le autorità italiane sostenevano che il denunciante non possedeva un diploma di primo livello o un diploma equivalente.

6. Il denunciante ha successivamente richiesto alle autorità italiane il riesame della decisione, ma queste hanno respinto la richiesta.

7. Il 13 agosto 2011 il denunciante ha presentato alla Commissione una denuncia di infrazione (numero di riferimento CHAP(2011)02415) in cui denunciava il presunto mancato rispetto della direttiva da parte delle autorità italiane. Il denunciante sosteneva che le autorità italiane avevano erroneamente ritenuto che le sue qualifiche di Electronic engineering, di Associate member e di Member rilasciati dalla Society of Engineers fossero equivalenti a un "diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario della durata di almeno quattro anni", iscrivendolo alla sezione B invece che alla sezione A dell'albo degli ingegneri.

8. Nella sua risposta del 19 dicembre 2011 la Commissione ha dichiarato che le autorità italiane non potevano legittimamente rifiutarsi di riconoscere le qualifiche del denunciante come equivalenti alla qualifica italiana che dà accesso alla sezione A dell'albo degli ingegneri. La Commissione ha sostenuto che spettava all'Open University decidere se la formazione impartita presso il BIET potesse essere presa in considerazione ai fini dell'iscrizione a un ciclo di studi postuniversitario. Inoltre, la qualifica CEng del denunciante è stata rilasciata dall'Engineering Council, che è l'autorità competente nel Regno Unito a rilasciare diplomi che abilitano il titolare a esercitare la professione di ingegnere. La Commissione ha concluso che le autorità italiane erano tenute ad effettuare la procedura di riconoscimento in conformità delle disposizioni della direttiva. Ha inoltre consigliato al denunciante di chiedere alle autorità italiane di riesaminare il caso e di comunicare alla Commissione la loro decisione. Il denunciante ha quindi informato le autorità italiane della lettera della Commissione, le quali hanno tuttavia confermato la loro precedente posizione.

9. Il 29 giugno 2012 la Commissione ha informato il denunciante di aver richiesto alle autorità italiane, in data 15 marzo e 28 giugno 2012, informazioni aggiuntive. La Commissione ha precisato che quello del denunciante costituiva un caso isolato di errata applicazione della direttiva e che non era stata informata di altri casi simili. Ha pertanto sostenuto di non essere in grado di concludere che le autorità italiane avessero sviluppato una prassi amministrativa generale e sistematica contraria al diritto dell'UE. Alla luce di tali circostanze e sulla base della giurisprudenza degli organi giurisdizionali dell'Unione[3], la Commissione ha deciso di non avviare un procedimento per infrazione contro l'Italia.

10. Il denunciante ha successivamente presentato alla Commissione ulteriori argomentazioni a sostegno della denuncia, chiedendole di rivedere la sua posizione. Ha in particolare sostenuto che la denuncia non riguardava l'errata trasposizione della direttiva da parte del governo italiano, ma piuttosto l'errata applicazione da parte delle autorità italiane. Il denunciante ha allegato un elenco di persone che, a suo parere, avevano richiesto e ottenuto il riconoscimento delle loro qualifiche come equivalenti a diplomi che li autorizzavano ad essere iscritti dal ministero italiano della Giustizia alla sezione A dell'albo degli ingegneri. Secondo il denunciante, alcune di queste persone avevano ottenuto l'iscrizione alla sezione A pur possedendo qualifiche equivalenti o addirittura inferiori alle sue. A suo parere, ciò dimostrava una mancanza di uniformità i) nelle modalità di applicazione delle norme da parte delle autorità italiane, con un conseguente trattamento discriminatorio grave e iniquo di tutti i richiedenti; ii) nell'applicazione dell'articolo 13 della direttiva, riguardante le condizioni del riconoscimento da parte dell'autorità competente di uno Stato membro; e iii) nell'applicazione degli articoli 3, 14 e 15 della direttiva. Il denunciante ha poi precisato che, in data 15 settembre 2010, l'Engineering Council aveva confermato che il suo ciclo di studi precedente al master era equivalente a un bachelor's degree e che il suo diploma postuniversitario e il Master of science corrispondevano al livello 7 del quadro europeo delle qualifiche. Nella lettera l'Engineering Council concludeva che il denunciante avrebbe dovuto essere trattato come un ingegnere titolare di un diploma attestante il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario della durata di almeno quattro anni.

11. Il 16 settembre 2012 la Commissione ha confermato la sua precedente posizione e la sua intenzione di archiviare il caso. In particolare, la Commissione ha sostenuto che: i) la decisione sul riconoscimento delle qualifiche è presa caso per caso, poiché si basa, tra le altre cose, su un confronto tra la "formazione nazionale" e la "formazione estera" del richiedente. Ciò significa che per due richiedenti che hanno seguito il medesimo percorso formativo è possibile giungere a decisioni diverse; ii) per quanto riguarda l'elenco di persone a cui fa riferimento il denunciante, non vi sono fattori che indichino che a una o più persone non sia stato concesso il riconoscimento a seguito del mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane della qualifica intermedia che dà accesso a quella finale; iii) solo una delle persone sull'elenco ha fatto ricorso. Tuttavia, la questione ivi sollevata è diversa da quella del denunciante.

12. Il 19 settembre 2012 il denunciante ha informato la Commissione di alcuni casi di mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane di diplomi conferiti dalle autorità del Regno Unito. A suo parere, le autorità italiane avevano definito delle prassi amministrative che comportavano il rifiuto sistematico di riconoscere le qualifiche conferite da istituzioni britanniche riconosciute.

13. Il 13 gennaio 2013 la Commissione ha ribadito le sue precedenti posizioni, basandosi sulle argomentazioni contenute nella sua lettera precedente. Ha inoltre confermato la sua decisione di non avviare alcun procedimento per infrazione.

L'indagine

14. La Mediatrice ha avviato un'indagine sull'allegazione del denunciante secondo cui la Commissione non aveva trattato in modo adeguato la denuncia d'infrazione del denunciante, sostenendo che la Commissione avrebbe dovuto rivedere la sua posizione alla luce delle argomentazioni presentate dal denunciante, nonché avviare un procedimento per infrazione contro l'Italia.

15. Nel corso dell'indagine la Mediatrice ha ricevuto il parere della Commissione sulla denuncia e, successivamente, le osservazioni del denunciante in risposta al parere della Commissione. Nel condurre l'indagine, la Mediatrice ha tenuto conto delle argomentazioni e dei pareri avanzati dalle parti.

Allegazione secondo cui la Commissione non ha trattato in modo adeguato la denuncia d'infrazione del denunciante e relativa richiesta

Argomenti presentati alla Mediatrice

16. A sostegno della sua tesi il denunciante ha sostenuto che i) la Commissione ha ritenuto che la decisione delle autorità italiane di non riconoscere le sue qualifiche come equivalenti alla qualifica italiana che dà accesso all'iscrizione alla sezione A dell'albo degli ingegneri non fosse conforme alla direttiva; ii) la Commissione non ha valutato in modo adeguato i casi riferiti dal denunciante a sostegno della tesi secondo cui le autorità italiane si rifiutano sistematicamente di riconoscere le qualifiche conferite da istituzioni britanniche riconosciute; e iii) la Commissione non ha risposto adeguatamente alle argomentazioni giuridiche da lui avanzate.

17. A suo parere la Commissione ha sostenuto di aver indagato in modo approfondito sul caso, concludendo che la decisione delle autorità italiane non era conforme alla direttiva. Di fatto, dal momento che la decisione di conferire il titolo di Chartered engineer è di competenza delle autorità britanniche, le autorità italiane non avrebbero potuto impugnare tale decisione. La Commissione ha inoltre inviato una lettera alle autorità italiane invitandole a riesaminare il caso. Tuttavia, nella loro risposta, le autorità italiane hanno sostenuto di non aver violato in alcun modo la direttiva, confermando così la loro decisione precedente. Il denunciante ha in seguito deferito la questione a SOLVIT[4], ma senza successo.

18. Tuttavia, per quanto deplorevole fosse la situazione, la Commissione ha sostenuto che quello del denunciante era un caso isolato, dal momento che non vi era nulla che facesse pensare che le autorità italiane avessero stabilito una prassi amministrativa comportante il rifiuto sistematico di riconoscere le qualifiche estere degli ingegneri a seguito del mancato riconoscimento della qualifica intermedia che dà accesso a ulteriori qualifiche. In tale contesto, la Commissione ha invocato la giurisprudenza degli organi giurisdizionali dell'Unione, secondo cui tale prassi amministrativa deve essere, in qualche modo, di natura sistematica e generale[5].

19. Per quanto riguarda l'argomentazione del denunciante secondo cui aveva trasmesso alla Commissione un elenco di ingegneri le cui qualifiche erano state rilasciate nel Regno Unito o in Canada, spiegando che tali qualifiche erano state riconosciute in modo diverso dalle autorità italiane, la Commissione ha fatto riferimento alla sua precedente risposta al denunciante (cfr. sopra, il punto 11). La Commissione ha ribadito che solo uno degli ingegneri figurante in tale elenco aveva presentato una denuncia d'infrazione. Tuttavia, la questione sollevata in tale denuncia era diversa da quella del caso in esame, dal momento che nel primo caso la questione riguardava alcune misure di compensazione.

20. La Commissione ha aggiunto di essere pronta a rivedere la sua posizione alla luce di eventuali nuove denunce sulla medesima questione. Il denunciante ha presentato alla Commissione ulteriori informazioni su cinque casi al fine di dimostrare che, in violazione della direttiva, le autorità italiane si rifiutavano sistematicamente di riconoscere la qualifica britannica di ingegnere ovvero la riconoscevano a un livello inferiore. Nel primo caso, la Commissione ha concluso che le informazioni disponibili non erano sufficienti per dimostrare la sussistenza di un'infrazione. Nel secondo e terzo caso, le autorità italiane non si erano ancora pronunciate in merito. Nel quarto caso, la Commissione ha concluso che la decisione di non concedere il riconoscimento era corretta, dal momento che il titolo britannico era stato conferito sulla base di una qualifica e dell'esperienza professionale acquisita solo in Italia. Nel quinto caso, la Commissione non era in grado di formulare un parere sul riconoscimento dal momento che non era in possesso di informazioni relative all'ambito dei relativi corsi di studio e formazioni professionali.

21. In conclusione, la Commissione ha sostenuto che, come stabilito dall'articolo 258 del TFUE e dalla giurisprudenza consolidata, la decisione di non avviare un procedimento d'infrazione rientra nell'ambito del suo potere discrezionale, dal momento che non è tenuta a farlo e che nessuno ha il diritto di esigere dalla stessa l'adozione di una posizione in un senso determinato. Ha inoltre sostenuto di aver risposto in modo adeguato e di aver tenuto conto delle argomentazioni avanzate dal denunciante, consigliando a quest'ultimo di adire gli organi giurisdizionali nazionali al fine di ottenere un risarcimento.

22. Nelle sue osservazioni, il denunciante ha ribadito la sua precedente posizione. Ha inoltre sostenuto che la Commissione non aveva esaminato adeguatamente l'analisi effettuata dalle autorità italiane in merito al suo caso. A suo parere, l'analisi non era corretta e dava adito a discrepanze nel trattamento tra lui e gli altri ingegneri con qualifiche simili.

23. Per quanto riguarda la giurisprudenza secondo cui la Commissione ha il diritto, ma non il dovere, di avviare un procedimento per infrazione, il denunciante ha affermato che la sentenza invocata dalla Commissione riguardava l'incompatibilità del diritto belga con il diritto dell'UE, mentre il suo caso riguardava l'errata applicazione del diritto dell'UE da parte delle autorità italiane. In tale contesto, la giurisprudenza invocata dalla Commissione non dovrebbe essere applicabile al caso in questione. A sostegno della sua tesi, il denunciante ha fatto riferimento a diverse risoluzioni del Consiglio, secondo le quali la Commissione detiene il ruolo di custode dei trattati e ha il dovere di porre fine alle violazioni del diritto dell'UE. Ha inoltre fatto riferimento alla direttiva 2006/123/CE[6], ribadendo la sua posizione secondo cui la Commissione non ha tenuto conto di alcuna delle sue argomentazioni nell'archiviare la denuncia d'infrazione.

24. Per quanto riguarda i casi dei cinque ingegneri cui aveva fatto riferimento nella sua corrispondenza con la Commissione, il denunciante ha respinto il parere della Commissione, sostenendo che nel primo caso vi era stata palese violazione del diritto dell'UE in quanto le autorità italiane non avevano valutato la possibilità di misure compensative e non avevano autorizzato l'iscrizione dell'ingegnere alla sezione B del relativo albo. Negli altri casi in esame, in cui gli ingegneri interessati avevano chiesto il riconoscimento delle loro qualifiche, la Commissione aveva semplicemente ignorato il fatto che le autorità italiane non avevano riconosciuto tali qualifiche in modo adeguato.

25. Il denunciante ha insistito affinché, alla luce di quanto esposto, la Commissione avviasse un procedimento d'infrazione contro l'Italia.

Valutazione preliminare della Mediatrice in vista di una proposta di soluzione amichevole

26. Le denunce dei cittadini costituiscono un mezzo essenziale per informare la Commissione su eventuali violazioni del diritto dell'UE e le consentono di svolgere efficacemente il suo ruolo di custode dei trattati.

27. Dalla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell'Unione europea si evince che la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità nella valutazione delle denunce presentate dai cittadini e che essa non è tenuta ad avviare un procedimento per infrazione in tutti i casi di violazione del diritto dell'UE da parte di uno Stato membro. I cittadini non hanno pertanto il diritto di esigere dalla Commissione l'adozione di una posizione particolare per quanto riguarda la sostanza delle loro denunce di infrazione[7]. Ne consegue che il parere del denunciante secondo cui la Commissione è tenuta a dare seguito a qualsiasi infrazione non è convincente.

28. Il fatto che la Commissione disponga di un ampio margine di discrezionalità non significa chiaramente che nel trattare le denunce di infrazione sia libera da vincoli derivanti dai diritti fondamentali e dai principi di buona amministrazione. A tal proposito, l'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che riconosce il diritto a una buona amministrazione, è di particolare importanza. Dal tenore dell'articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta risulta che tale diritto comprende "l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni". Tale dovere è sancito anche dall'articolo 18 del Codice europeo di buona condotta amministrativa[8]. La Mediatrice valuterà pertanto se la Commissione ha trattato in modo adeguato la denuncia d'infrazione del denunciante e se ha motivato adeguatamente la sua decisione di non avviare un procedimento per infrazione contro l'Italia.

29. La Commissione ha riconosciuto l'infrazione nel caso del denunciante, precisando tuttavia che si tratta di un caso isolato di errata applicazione del diritto dell'UE da parte delle autorità italiane. Pertanto, in assenza di una prassi sistematica e generale delle autorità italiane, la Commissione ha deciso di archiviare la denuncia d'infrazione del denunciante.

30. Il denunciante sostiene che, per quanto riguarda la necessità di una prassi sistematica e generale, la giurisprudenza invocata dalla Commissione non è pertinente al caso in questione. Egli sostiene che la sentenza invocata riguarda l'incompatibilità del diritto belga con il diritto dell'UE e non ha una più ampia applicazione. La sentenza si riferisce infatti alle infrazioni in generale, indipendentemente dal fatto che esse riguardino l'incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell'UE o l'errata applicazione del diritto dell'UE da parte delle autorità di uno Stato membro. Di conseguenza, l'argomentazione del denunciante non è convincente.

31. Tuttavia, la questione sostanziale sollevata nel caso in questione è se le qualifiche ottenute dal denunciante nel Regno Unito siano equivalenti alla qualifica italiana che dà accesso alla sezione A dell'albo degli ingegneri. Si tratta di una questione inequivocabile. Il denunciante aveva ottenuto il titolo di Chartered engineer nel Regno Unito. Come correttamente osservato dalla Commissione, la decisione di conferire tale titolo è di competenza delle autorità britanniche e le autorità italiane non avrebbero potuto impugnare tale decisione. La Mediatrice osserva inoltre che la Commissione ha esplicitamente comunicato alle autorità italiane che la loro interpretazione del diritto dell'UE era errata e che pertanto le modalità di trattamento del caso del denunciante avevano dato luogo a una violazione del diritto dell'UE. È vero che la Commissione ha il diritto di non perseguire casi singoli di infrazioni del diritto dell'UE da parte degli Stati membri se non vi è nulla che induca a ritenere che tale violazione non è soltanto un incidente isolato e rientra in una prassi sistematica e generale.

Occorre tuttavia tener presente che le autorità italiane non hanno tenuto conto del parere della Commissione e hanno sostenuto che nel caso in questione non vi era stata alcuna infrazione. Secondo la Mediatrice, tale atteggiamento induce a pensare che casi analoghi sarebbero stati trattati in maniera simile e che di conseguenza si tratta di una questione sistematica che richiede l'intervento della Commissione, senza attendere che sorgano problemi simili in futuro. La Mediatrice riconosce che la Commissione è intervenuta rapidamente e con lodevole chiarezza dopo che il denunciante l'aveva informata del problema. Alla luce di quella che avrebbe potuto essere un'opposizione di principio delle autorità italiane, la Mediatrice ritiene che sarebbe stato opportuno seguire le fasi iniziali al fine di chiarire la questione una volta per tutte invece di procedere all'archiviazione del caso.

32. In tal modo la Commissione avrebbe inoltre avuto l'occasione di chiedere alle autorità italiane maggiori dettagli sui casi delle altre persone citate dal denunciante a sostegno della sua tesi secondo cui vi sarebbe un'infrazione sistematica e generale. A tal proposito, la Mediatrice osserva che la Commissione ha ammesso di non disporre di informazioni sufficienti per valutare alcuni dei casi in oggetto, mentre in due casi le autorità italiane non avevano neppure preso una decisione in merito alle relative richieste.

33. Alla luce di quanto precede, la Mediatrice conclude in via preliminare che la Commissione non ha adeguatamente gestito sotto ogni aspetto la denuncia d'infrazione del denunciante Propone quindi la soluzione amichevole di seguito riportata, in conformità dell'articolo 3, paragrafo 5, dello Statuto del Mediatore europeo.

Proposta di soluzione amichevole

Alla luce di quanto sopra, la Mediatrice propone che la Commissione riprenda l'indagine relativa alla denuncia d'infrazione del denunciante. Dal momento che sono trascorsi oltre tre anni dalla prima denuncia d'infrazione del denunciante, sarebbe opportuno che, in questa fase, la Commissione proseguisse l'indagine in modo risoluto.

Emily O'Reilly

Mediatrice europea

Strasburgo, 04/09/2014

[1] Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, (GU 2005 L 255, pag. 22).

[2] L'albo degli ingegneri italiano è tenuto dal Consiglio nazionale degli ingegneri.

[3] Cfr., ad esempio, la causa C-287/03, Commissione/Belgio (Raccolta 2005, pag. I-3761, punto 29).

[4] SOLVIT è una rete informale creata per risolvere i problemi dei cittadini e delle imprese dell'UE con le pubbliche amministrazioni di diversi Stati membri dell'UE.

[5] Cfr. nota a piè di pagina 4 e la giurisprudenza di cui alla sentenza.

[6] Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).

[7] Causa T-571/93, Lefebvre frères et soeurs e altri/Commissione, (Raccolta 1995, pag. II-2379, punto 60).

[8] "1. Qualsiasi decisione dell'istituzione che possa ledere i diritti o gli interessi di una persona indica i motivi sui quali essa si basa specificando chiaramente i fatti pertinenti e la base giuridica della decisione."