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Relazione speciale del Mediatore europeo al Parlamento europeo a seguito del progetto di raccomandazione al Consiglio dell’Unione europea
Specialioji ataskaita
Byla 2395/2003/GG - Atidaryta Ketvirtadienis | 18 gruodžio 2003 - Rekomendacijos Antradienis | 09 lapkričio 2004 - Specialioji ataskaita Ketvirtadienis | 18 gruodžio 2003 - Sprendimas Pirmadienis | 17 spalio 2005
(ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 7, dello Statuto del Mediatore europeo[1])
Sintesi
La presente relazione speciale riguarda la questione se il Consiglio debba riunirsi in seduta pubblica ogniqualvolta deliberi in qualità di legislatore. L'indagine condotta al riguardo dal Mediatore risulta da una denuncia presentata nel dicembre 2003. Attualmente, il grado di pubblicità delle sedute del Consiglio deliberante in qualità di legislatore è determinato dal regolamento interno del Consiglio stesso. Le misure necessarie per aprire al pubblico tutte le sedute implicherebbero, pertanto, per il Consiglio, una modifica del proprio regolamento interno. È opinione del Mediatore che l'inadempienza in tal senso, da parte del Consiglio, costituisca un caso di cattiva amministrazione. Tale conclusione si basa sulle seguenti considerazioni: (a) l'art. 1, par. 2, del trattato sull'Unione europea stabilisce un principio generale secondo il quale il Consiglio e le altre istituzioni e organi comunitari devono prendere decisioni "nel modo più trasparente possibile", inoltre (b) il Consiglio non ha addotto alcun motivo valido a giustificazione dell'impossibilità di modificare il proprio regolamento interno al fine di aprire al pubblico le sedute oggetto della questione.
È opinione del Consiglio che l'art. 1, par. 2, del trattato sull'Unione europea indicava semplicemente che la futura Unione avrebbe dovuto essere il più possibile trasparente, ma che all'epoca della bozza del trattato UE questo non era ancora possibile. Tuttavia, per quanto concerne il conseguimento di tale obiettivo, il tempo costituisce un fattore importante. Il Mediatore ritiene pertanto che l'analisi non possa limitarsi alle disposizioni che furono introdotte dal trattato di Amsterdam, ma debba tenere conto anche degli sviluppi successivi. In questo contesto, è importante notare come il Consiglio stesso, nel nuovo regolamento interno adottato nel 2000, abbia introdotto norme finalizzate alla promozione di una maggiore apertura delle proprie riunioni legislative. Secondo il parere del Mediatore, il Consiglio ha voluto così ribadire la necessità e la possibilità di prendere provvedimenti al fine di aumentare la trasparenza della propria attività legislativa. Anche l'adozione, nel 2000, del nuovo regolamento interno conferma che questo era ed è possibile conformemente alle disposizioni del diritto comunitario attualmente vigente.
I denuncianti, nel caso in esame, facevano riferimento ad una disposizione del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, secondo la quale il Consiglio si riunisce in seduta pubblica allorché delibera e vota in relazione ad un progetto di atto legislativo (art. 50, par. 2, del trattato). A scanso di equivoci, si noti che la relazione speciale del Mediatore si basa sui trattati esistenti e sul diritto comunitario attualmente vigente, non sul trattato che adotta una Costituzione per l'Europa.
La denuncia
Il caso dei denuncianti
Nel dicembre 2003, i denuncianti, un membro del Parlamento europeo appartenente alla CDU ("Christlich Demokratische Union Deutschlands"), un partito politico tedesco, e un rappresentante della sezione giovani del medesimo partito, hanno denunciato al Mediatore il fatto che le sedute del Consiglio deliberante in qualità di legislatore erano aperte al pubblico entro i limiti previsti dagli artt. 8 e 9 del regolamento interno del Consiglio del 22 luglio 2002[2] (GU L 230 del 2002, pag. 7).
Gli approcci dei denuncianti verso il Consiglio
Il 18 settembre 2003, i denuncianti inviavano una lettera aperta al Consiglio in merito a questo problema.
Il 19 novembre 2003, il sig. Solana, segretario generale del Consiglio, rispondeva a nome del Consiglio alla lettera aperta dei denuncianti. Il sig. Solana faceva notare come l'art. 8 del regolamento interno del Consiglio riflettesse il compromesso raggiunto al Consiglio europeo di Siviglia. Aggiungeva inoltre che le deliberazioni del Consiglio preliminari ad una votazione in merito ad atti legislativi erano già pubbliche ed erano divulgate al pubblico interessato con l'ausilio di mezzi audiovisivi. Il sig. Solana osservava come lo stesso valesse per la presentazione da parte della Commissione delle sue più importanti proposte legislative e per il successivo dibattito in seno al Consiglio. Secondo l'opinione del sig. Solana, una parte sostanziale dell'attività legislativa del Consiglio era quindi praticamente già pubblica. Oltre a ciò, quasi tutti i documenti relativi all'attività legislativa del Consiglio erano accessibili a norma del regolamento n. 1049/2001. Il sig. Solana aggiungeva che l'apertura al pubblico delle deliberazioni legislative del Consiglio era (come evidenziato dalle deliberazioni della Convenzione) una questione che aveva riscosso il più ampio consenso e che la proposta dei denuncianti avrebbe pertanto dovuto essere ridiscussa in sede di attuazione del nuovo trattato che adotta una Costituzione per l'Europa.
Gli argomenti dei denuncianti
Nella loro denuncia al Mediatore, i denuncianti presentavano i seguenti argomenti:
I denuncianti sottolineavano come il Consiglio fosse, assieme al Parlamento europeo, l'organo legislativo dell'Unione europea. Essi affermavano che le decisioni prese dal Consiglio interessano la vita dei cittadini europei. Nonostante la sua importanza cruciale, il Consiglio si riuniva in seduta pubblica soltanto in casi eccezionali e in misura limitata.
I denuncianti osservavano che l'art. 49, par. 2, del progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, che era stato elaborato dalla Convenzione nel 2003, era formulato come segue:
"Il Parlamento europeo si riunisce in seduta pubblica, così come il Consiglio dei ministri, allorché esamina una proposta legislativa e l'adotta."
Secondo il parere dei denuncianti, esisteva un buon numero di motivi legali e politici per far sì che il Consiglio potesse riunirsi in seduta pubblica da subito.
I denuncianti facevano notare che le sessioni pubbliche del Consiglio operante in qualità di legislatore diventerebbero comunque una regola, all'entrata in vigore della nuova Costituzione. Essi sostenevano che il risultato ottenuto dalla Convenzione e le reazioni a livello europeo e nazionale non lasciavano dubbi quanto ad una convinzione ormai consolidata in Europa, secondo la quale era giusto che il Consiglio si riunisse in seduta pubblica, in quanto ciò rafforzerebbe la fiducia dei cittadini nelle decisioni prese a Bruxelles.
Essi sostenevano che l'attuale prassi del Consiglio non era conforme all'intento di cui all'art. 1, par. 2, del trattato sull'Unione europea ("TUE") secondo cui le decisioni nell'UE "sono prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini". I denuncianti sono del parere che al giorno d'oggi la trasparenza dell'attività dell'UE debba essere considerata un principio di legge generale che dovrebbe pienamente riflettersi nel regolamento interno del Consiglio.
I denuncianti sostenevano altresì che l'esclusione del pubblico non era finalizzata a scopi di ordine superiore. A loro avviso, l'esclusione del pubblico serviva semplicemente a riparare i governi degli Stati membri dal controllo diretto del pubblico europeo, e questo poteva avere soltanto effetti negativi sul piano dell'integrazione europea e per i cittadini.
Secondo i denuncianti, il regolamento interno del Consiglio dovrebbe pertanto essere modificato, disponendo che il Consiglio deliberante in qualità di legislatore debba sempre riunirsi in seduta pubblica.
L'indagine
Il parere del Consiglio
Il Mediatore ha trasmesso la denuncia al Consiglio affinché formulasse il proprio parere.
Nel suo parere, il Consiglio ha espresso i seguenti commenti:
Il principio di trasparenza di cui, tra l'altro, all'art. 1, par. 2, TUE era di grande importanza. Tuttavia, tale disposizione era formulata in termini generici che suggerivano un fine, piuttosto che una norma di carattere assoluto. Il linguaggio della disposizione era programmatico, come risultava chiaramente dall'espressione "segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta".
L'attuale prassi del Consiglio relativa alla pubblicità delle sue riunioni era conforme al suo regolamento interno. I denuncianti sostenevano evidentemente che lo stesso regolamento interno fosse un esempio di cattiva amministrazione. Tuttavia, l'adozione del regolamento interno (che aveva il suo fondamento giuridico direttamente nell'art. 207, par. 3, del trattato CE) era una questione politica e istituzionale. Gli artt. 8 e 9 del regolamento interno erano stati modificati, in seguito ad un compromesso raggiunto tra gli Stati membri, al Consiglio europeo di Siviglia, nel giugno 2002.
Il progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa disponeva che il Consiglio si riunisse in seduta pubblica allorché esaminava e adottava proposte legislative. Sembrava che il fatto stesso che una disposizione del genere fosse stata inclusa in un (progetto di) costituzione confermasse che si trattasse non di cattiva amministrazione o prassi amministrativa, bensì di una questione giuridica e politica che esulasse dal mandato del Mediatore.
Il Consiglio sottolineava inoltre gli strumenti esistenti per informare il pubblico in merito alle attività legislative del Consiglio, tra cui la possibilità di accedere ai documenti a norma del regolamento n. 1049/2001.
Alla luce di quanto esposto, il Consiglio sosteneva che non si fosse configurato alcun caso di cattiva amministrazione e che la questione sollevata dai denuncianti esulasse dal mandato del Mediatore.
Le osservazioni dei denuncianti
Nelle loro osservazioni, i denuncianti mantenevano le loro posizioni. Essi sostenevano che il fatto che l'art. 1, par. 2, TUE stabilisse un fine genericamente formulato e non una norma di carattere assoluto, non costituiva un impedimento alla loro richiesta di rendere pubbliche le riunioni del Consiglio. I denuncianti sostenevano che, al contrario, proprio il significato programmatico di questa disposizione e lo scopo di prendere le decisioni nel modo "più trasparente possibile" rendevano imperativa la necessità di promuovere tale principio nella pratica. Per un organo legislativo come il Consiglio, le riunioni in seduta pubblica rappresentavano la classica forma della trasparenza del meccanismo decisionale, così come applicato dagli organi legislativi di tutti gli Stati membri dell'Unione.
Il potere di regolare le proprie questioni interne non esentava il Consiglio dal dovere di rispettare e promuovere i principi dell'Unione. Il modo in cui il regolamento interno era stato effettivamente delineato e la sua attuazione potevano quindi trovarsi in contraddizione con principi di ordine superiore, determinando così una situazione di cattiva amministrazione.
Secondo i denuncianti, la conclusione del lavoro sul progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa segnava uno sviluppo qualitativamente nuovo relativamente al principio della pubblicità delle riunioni del Consiglio deliberante in qualità di legislatore. Tale principio sarebbe diventato un principio generale di legge al più tardi con l'adozione della Costituzione da parte dei capi di Stato e di governo degli Stati membri.
Ulteriori indagini
In seguito ad un'attenta considerazione del parere del Consiglio e delle osservazioni dei denuncianti, ulteriori indagini si sono rese necessarie.
Richiesta di ulteriori informazioni
Il Mediatore scriveva quindi al Consiglio alla fine di giugno 2004. In quella lettera, il Mediatore osservava che anche l'art. 49, par. 2, del progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa era stato incluso nel trattato che adotta una Costituzione per l'Europa che era stato approvato al Consiglio europeo tenutosi a Bruxelles alcuni giorni prima. Il Mediatore faceva notare che, sebbene non fosse stato ancora ratificato dagli Stati membri, tale trattato era stato accettato da tutti gli Stati membri. Osservava altresì che il regolamento interno del Consiglio era stato adottato dal Consiglio, vale a dire dai rappresentanti degli Stati membri.
Alla luce di quanto esposto, il Mediatore chiedeva al Consiglio di informarlo in merito agli (eventuali) impedimenti che a suo avviso ostacolavano l'attuazione della modifica al suo regolamento interno richiesta dai denuncianti, ora che il trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, inclusa la suddetta disposizione, era stato accettato dagli Stati membri.
La risposta del Consiglio
Nella sua risposta, il Consiglio ribadiva ancora l'importanza da esso attribuita alla questione della trasparenza. Il Consiglio faceva osservare che il trattato che adotta una Costituzione per l'Europa doveva essere ancora ratificato dagli Stati membri. Aggiungeva poi che il semplice fatto che la disposizione di cui trattasi era stata aggiunta alla parte I del trattato costituzionale dimostrava che la questione sollevata dai denuncianti era di natura politica e costituzionale, piuttosto che un caso di cattiva amministrazione.
In conclusione, il Consiglio reiterava la sua opinione, secondo cui non si configurava alcun caso di cattiva amministrazione, avendo esso agito in piena conformità con le normative vigenti in materia.
Le osservazioni dei denuncianti
Nessuna osservazione è pervenuta dai denuncianti.
Il progetto di raccomandazione del Mediatore
Il progetto di raccomandazione
Il 9 novembre 2004, il Mediatore ha inviato il seguente progetto di raccomandazione al Consiglio, a norma dell'art. 3, par. 6, dello Statuto del Mediatore europeo:
"Il Consiglio dell'Unione europea dovrebbe riconsiderare il proprio rifiuto di decidere di riunirsi in seduta pubblica ogniqualvolta agisca in qualità di legislatore."
Il Mediatore europeo ha motivato il progetto di raccomandazione come segue.
1 Il raggio d'azione del mandato del mediatore
1.1 L'art.195 del trattato CE affida al Mediatore il compito di esaminare casi di cattiva amministrazione nel corso dell'azione delle istituzioni e degli organi comunitari. Il trattato non contiene una definizione dell'espressione "cattiva amministrazione". Nella sua relazione annuale per il 1997[3], e in risposta ad una richiesta di chiarimenti avanzata dal Parlamento europeo, il Mediatore proponeva la seguente definizione: "Si è in presenza di cattiva amministrazione quando un organismo pubblico non opera conformemente a una norma o a un principio per esso vincolante." Questa definizione è stata successivamente accolta dal Parlamento europeo[4].
1.2 Sulla base di quanto già esposto, il Mediatore considerava che il fatto che l'attuale prassi del Consiglio fosse conforme alle norme vigenti, adottate dal Consiglio stesso, non significava che non potesse configurarsi un caso di cattiva amministrazione. Una misura adottata da un'istituzione o da un organo comunitario può comunque costituire un caso di cattiva amministrazione quando la stessa non sia conforme ad un principio che sia vincolante per tale istituzione o tale organo.
1.3 Il Consiglio sosteneva evidentemente che il criterio con il quale le sedute tenute in qualità di legislatore erano aperte al pubblico era una decisione politica che andava oltre il mandato del Mediatore. Il Mediatore concordava sul fatto che l'adozione del regolamento interno del Consiglio sulla base dell'art.207, par.3, del trattato CE fosse una questione politica e istituzionale che dovesse essere decisa dal Consiglio stesso. Tuttavia, la presente denuncia non riguardava il modo in cui il Consiglio organizzava le procedure al suo interno, bensì la questione se il pubblico potesse essere escluso dalle sedute tenute dal Consiglio in qualità di legislatore. Come i denuncianti avevano correttamente osservato, era evidente che gli organi legislativi in tutti gli Stati membri dell'Unione europea si riunivano in seduta pubblica. L'art.1, par.2, TUE dispone che le decisioni nell'Unione siano prese "nel modo più trasparente possibile". In queste circostanze, il Mediatore riteneva che il Consiglio non avesse stabilito che la questione dell'accesso del pubblico alle sue sedute fosse di natura puramente politica, che pertanto non dovesse essere soggetta ad alcuna verifica.
1.4 Il Consiglio sosteneva altresì che il fatto stesso che una disposizione come l'art.49, par.2, fosse stata aggiunta alla parteI del progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa dimostrava che la questione sollevata dai denuncianti era di natura politica e costituzionale, piuttosto che un caso di cattiva amministrazione. Il Mediatore non era convinto a proposito di tale argomento. Era di fondamentale importanza che i cittadini potessero informarsi sull'attività degli organi legislativi. Il modo migliore per fare ciò era indubbiamente quello di aprire al pubblico i dibattiti degli organi legislativi. Data l'importanza del principio di trasparenza in questo campo, non poteva sorprendere che una disposizione che lo racchiudesse fosse inclusa prima nel progetto di trattato costituzionale e poi nel trattato che adotta una Costituzione per l'Europa approvato dagli Stati membri al Consiglio europeo di Bruxelles nel giugno 2004[5].
1.5 Al fine di evitare qualsiasi possibilità di equivoco, il Mediatore ha ritenuto opportuno aggiungere che la presente denuncia non riguardava l'attività legislativa del Consiglio in quanto tale, bensì la questione se le sedute del Consiglio deliberante in qualità di legislatore debbano essere pubbliche.
1.6 Sulla base di quanto esposto, il Mediatore è del parere che la questione sollevata nella presente denuncia rientri nel mandato conferitogli dall'art.195 del trattatoCE.
2 La mancanza di trasparenza delle sedute del Consiglio deliberante in qualità di legislatore
2.1 I denuncianti affermavano sostanzialmente che l'attuale prassi del Consiglio di non aprire al pubblico tutte le sedute tenute in qualità di legislatore non era conforme al fine di cui all'art. 1, par. 2, TUE secondo il quale le decisioni nell'UE "sono prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini".
2.2 Il Consiglio concordava sul fatto che il principio di trasparenza sancito tra l'altro nell'art. 1, par. 2, del trattato sull'Unione europea fosse di grande importanza. Sosteneva, tuttavia, che tale disposizione era formulata in termini generici che suggerivano un fine, piuttosto che una norma di carattere assoluto, e che il linguaggio della disposizione era programmatico. Il Consiglio era pertanto del parere che la sua prassi attuale, come stabilita negli artt. 8 e 9 del suo regolamento interno, non costituisse un caso di cattiva amministrazione.
2.3 Il Mediatore concordava sul fatto che l'art. 1, par. 2, TUE non contenesse una norma precisa, quanto piuttosto un principio generale. Restava, tuttavia, il fatto che tale disposizione sollecita chiaramente le istituzioni e gli organi a far sì che tutte le decisioni a livello dell'UE siano prese nel modo "più trasparente possibile". Il Mediatore riteneva pertanto che si dovesse accertare se fosse possibile aprire al pubblico tutte le sedute tenute dal Consiglio in qualità di legislatore e, in caso affermativo, se ciò nonostante esistessero motivi validi per non farlo.
2.4 Il Mediatore osservava che, come il Consiglio stesso aveva sottolineato, alcune delle sedute tenute dal Consiglio in qualità di legislatore erano già pubbliche in virtù delle norme di cui agli artt. 8 e 9 del regolamento interno del Consiglio. Tale regolamento interno è adottato dal Consiglio stesso, vale a dire da un organo composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro (art. 203 del trattato CE). Il Mediatore osservava che nell'ottobre 2004, gli Stati membri dell'UE avevano firmato il trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, il quale conteneva un'espressa disposizione nella quale si afferma che il Consiglio si riunisce in seduta pubblica allorché delibera o vota in relazione ad un progetto di atto legislativo. Sebbene questo trattato non sia stato ancora ratificato da tutti gli Stati membri secondo i rispettivi dettami costituzionali, il Mediatore riteneva che il fatto stesso che i rappresentanti degli Stati membri fossero stati capaci di trovare un accordo su una disposizione del genere indicava evidentemente che sarebbe possibile sin da ora aprire al pubblico le sedute del Consiglio di cui trattasi. Conscio della possibilità di essersi lasciato sfuggire considerazioni che potrebbero essere rilevanti in questo contesto, il Mediatore ha scritto comunque al Consiglio nel giugno 2004, chiedendogli di informarlo in merito agli (eventuali) impedimenti che a suo avviso ostacolavano l'attuazione della modifica al suo regolamento interno richiesta dai denuncianti. Nella sua risposta, il Consiglio non ha fatto menzione di alcun impedimento. Il Mediatore riteneva pertanto che era possibile per il Consiglio decidere di ammettere il pubblico alle proprie sedute tenute in qualità di legislatore, salvo eventuali motivi validi per non farlo.
2.5 Il Mediatore ha esaminato attentamente le argomentazioni presentate dal Consiglio. Quest'ultimo non ha riferito, tuttavia, alcun principio o scopo di natura superiore che potesse motivare un proprio rifiuto ad aprire al pubblico le sue sedute tenute in qualità di legislatore. Al contrario, il Mediatore osservava che il Consiglio aveva sottolineato la grande importanza da esso attribuita alla questione della trasparenza. Nella sua lettera ai denuncianti, in data 19 novembre 2003, il Segretario generale del Consiglio aveva ammesso che l'apertura al pubblico delle deliberazioni legislative del Consiglio era una questione che aveva riscosso il più ampio consenso.
2.6 Nel suo parere, il Consiglio faceva riferimento agli strumenti esistenti per informare il pubblico in merito alle attività legislative del Consiglio, tra cui la possibilità di accedere ai documenti a norma del regolamento n. 1049/2001. Il Mediatore ha ritenuto che tali strumenti, per quanto importanti e lodevoli, non fossero rilevanti per la presente indagine, che riguardava l'accesso alle sedute del Consiglio, e non l'informazione su tali sedute.
3 Conclusione
Alla luce di quanto esposto, il Mediatore ha concluso che il fatto che il Consiglio rifiutasse di decidere di riunirsi in seduta pubblica ogniqualvolta deliberasse in qualità di legislatore senza fornire motivi validi per tale rifiuto era un caso di cattiva amministrazione.
Il parere circostanziato del Consiglio
Dopo avere ricevuto il progetto di raccomandazione, e a norma dell'art. 3, par. 6, dello Statuto del Mediatore europeo, il Consiglio ha trasmesso un parere circostanziato il 17 febbraio 2005.
Nel suo parere circostanziato, il Consiglio ha formulato i seguenti commenti:
L'art. 2, par. 1, dello Statuto del Mediatore precisava che la competenza del Mediatore non copriva le "attività" delle istituzioni e degli organi comunitari. Il regolamento interno del Consiglio non era, di per sé, un'"attività" del Consiglio, bensì disciplinava il modo in cui il Consiglio esercitava le sue attività.
Il Consiglio non poteva accettare la distinzione operata dal Mediatore tra il modo in cui il Consiglio organizzava le procedure al suo interno e il fatto che il pubblico non fosse ammesso a tutte le sedute del Consiglio riguardanti questioni legislative. In effetti, il grado di pubblicità delle sedute del Consiglio era stata una delle scelte politiche fatte dal Consiglio regolamentando le sue procedure interne. L'organizzazione del lavoro del Consiglio era una questione di grande importanza per i suoi membri. Il fatto che le disposizioni attuali fossero la conseguenza di una decisione politica da parte del Consiglio europeo - il più importante organo politico dell'UE - evidenziava di per sé la rilevanza politica della questione.
Il Consiglio continuava così a ritenere che la presente denuncia esulasse dal mandato del Mediatore.
L'art. 1, par. 2, TUE affermava che "il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini" (evidenziazione aggiunta). L'argomentazione del Mediatore sembrava basarsi sull'erroneo assunto che le parole evidenziate fossero superflue. L'art. 1, par. 2 non era direttamente applicabile. Soprattutto, nel suo enunciato, tale disposizione presentava un carattere programmatico. Quella formulazione, di per sé, non creava il quadro giuridico in cui il Consiglio operava per essere ritenuto in contrasto con l'art. 1, par. 2; al massimo, essa indicava che la futura Unione avrebbe dovuto essere il più trasparente possibile, ma che all'epoca del progetto del trattato UE ciò non era ancora possibile.
In effetti, l'art. 3 TUE stabiliva che "l'Unione dispone di un quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delle attività svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi, rispettando e sviluppando nel contempo l'acquis comunitario."
L'art. 207, par. 3, del trattato CE era formulato come segue:
"Il Consiglio adotta il proprio regolamento interno.
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 255, paragrafo 3, il Consiglio definisce nel proprio regolamento le condizioni alle quali il pubblico accede ai suoi documenti. Ai fini del presente paragrafo il Consiglio definisce i casi in cui si deve considerare che esso deliberi in qualità di legislatore, onde consentire, in tali casi, un maggior accesso ai documenti, preservando nel contempo l'efficacia del processo decisionale. In ogni caso, quando il Consiglio delibera in qualità di legislatore, i risultati delle votazioni, le dichiarazioni di voto e le dichiarazioni a verbale sono resi pubblici."
L'art. 1, par. 2, TUE non era gerarchicamente superiore all'art. 207 del trattato CE. Entrambe erano disposizioni di diritto comunitario primario. In effetti, poiché l'art. 1, par. 2, non sanciva nemmeno un principio del diritto vigente bensì affermava un fine a lungo termine alquanto generico, non poteva in alcun modo prevalere sul linguaggio chiaro ed esplicito dell'art. 207.
Inoltre, l'attuale formulazione tanto dell'art. 1, par. 2, TUE che dell'art. 207, par. 3, del trattato CE risaliva al trattato di Amsterdam, a dimostrazione del fatto che la prima disposizione non era affatto espressione di un pensiero più recente rispetto alla seconda. Piuttosto, l'art. 207, par. 3 era il riflesso pratico - per quanto riguardava le operazioni del Consiglio - del punto fino al quale gli autori del trattato ritenessero potesse essere spinto lo scopo indicato nell'art. 1, par. 2.
Il Consiglio concludeva affermando che era quindi convinto del fatto che il suo regolamento interno non costituisse un esempio di cattiva amministrazione.
Le osservazioni dei denuncianti
Nelle loro osservazioni, i denuncianti mantenevano le loro posizioni ed esprimevano i seguenti ulteriori commenti.
Era vero che sia l'art. 1, par. 2, TUE sia l'art. 207, par. 3, del trattato CE erano disposizioni di diritto comunitario primario, e si ponevano quindi sullo stesso livello, in termini di gerarchia normativa. L'art. 1, par. 2, TUE non prevaleva, pertanto, sull'art. 207, par. 3, del trattato CE.
Tuttavia, l'art. 1, par. 2, TUE produceva effetti giuridici per l'Unione, trattandosi di un "principio" giuridicamente vincolante dell'UE. Pertanto la necessità di prendere le decisioni "nel modo più trasparente possibile" doveva essere tenuta in considerazione relativamente ad ogni singola decisione presa dall'UE. Al dovere delle istituzioni di tenere conto del principio di trasparenza nelle loro decisioni corrispondeva il dovere di rivedere le loro norme procedurali di base alla luce dell'art. 1, par. 2, TUE.
Il fatto che l'art. 1, par. 2, TUE affermava che il trattato "segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini" non contraddiceva questa opinione, considerato che l'attuazione costituiva un processo che era già iniziato con il trattato di Amsterdam.
La valutazione del Mediatore sul parere circostanziato del Consiglio
Il Mediatore osserva che il Consiglio obietta alla sua posizione su due punti principali. In primo luogo, il Consiglio è del parere che la presente denuncia esuli dal mandato del Mediatore. In secondo luogo, il Consiglio ritiene che in ogni caso non si sia configurata alcuna situazione di cattiva amministrazione.
Per quanto concerne la prima di tali obiezioni, occorre ricordare che l'art. 195 del trattato CE abilita il Mediatore ad esaminare casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni o degli organi comunitari, salvo la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. La presente denuncia riguarda la questione se il Consiglio debba riunirsi in seduta pubblica ogni qualvolta deliberi in qualità di legislatore. Il Mediatore è del parere che le sedute del Consiglio siano "azioni" del Consiglio nel senso di cui all'art. 195 del trattato CE. Inoltre, il Mediatore ritiene difficile comprendere perché anche l'adozione del regolamento interno del Consiglio non debba essere considerata un'"azione" di un'istituzione comunitaria.
Relativamente all'argomento del Consiglio secondo cui la presente denuncia riguarda una scelta politica che non rientra nella competenza del Mediatore, è da ricordare che tale denuncia non riguarda il modo in cui il Consiglio organizza le procedure al suo interno, bensì la questione se il pubblico possa essere escluso dalle sedute del Consiglio deliberante in qualità di legislatore. Il Mediatore osserva che il Consiglio sostiene evidentemente che il grado di pubblicità delle sue sedute dipende dalle scelte politiche che spettano al Consiglio. È opinione del Mediatore, e come di seguito illustrato, che tale posizione sia difficilmente conciliabile con l'art. 1, par. 2, TUE. L'art. 207 del trattato CE, mentre dispone che il Consiglio adotti il proprio regolamento interno, non stabilisce tuttavia che il grado di apertura al pubblico delle sedute del Consiglio deliberante in qualità di legislatore sia da considerare una scelta politica e lasciato alla discrezione del Consiglio. A prescindere dalla questione di quale efficacia debba essere attribuita all'art. 1, par. 2, TUE, va notato come tale disposizione preveda che le decisioni nell'UE debbano essere prese nel modo "più trasparente possibile". Non vi è alcuna indicazione in merito al fatto che il grado di apertura debba dipendere dalla volontà politica delle istituzioni o organi dell'UE. Il Mediatore insiste, pertanto, nel ritenere che la presente denuncia rientri nell'ambito delle sue competenze.
Quanto al merito della causa, il Consiglio correttamente attira l'attenzione sulla formulazione integrale dell'art. 1, par. 2,TUE, secondo cui "il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini". Il Mediatore ammette che questa disposizione prevede un processo verso una situazione in cui "le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile". Tuttavia, il Mediatore non può essere d'accordo con il parere del Consiglio che l'art. 1, par. 2, TUE debba essere considerato una disposizione programmatica priva di efficacia giuridica.
La clausola in questione nell'art. 1, par. 2, TUE fu introdotta dal trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore nel 1999. Come il Consiglio ha giustamente sottolineato, anche l'attuale formulazione dell'art. 207, par. 3, del trattato CE è stata adottata da quel trattato. Tuttavia, nulla, nell'art. 207, par. 3, impedisce al Consiglio di aprire al pubblico le sue sedute in qualità di legislatore. È opinione del Mediatore che il riferimento del Consiglio a questa disposizione sia pertanto inconcludente.
Il Mediatore rileva l'opinione del Consiglio, secondo cui l'art. 1, par. 2, TUE indichi semplicemente che la futura Unione debba essere più trasparente possibile, ma che all'epoca del progetto del trattato UE ciò non fosse ancora possibile. Tuttavia, anche nell'ipotesi che tale opinione fosse corretta, il Mediatore ritiene che al Consiglio siano sfuggite due importanti considerazioni. Prima: l'art. 1, par. 2, TUE indica chiaramente che le decisioni nell'Unione europea debbano essere prese "nel modo più trasparente possibile". L'art. 1, par. 2, TUE indica, quindi, inequivocabilmente la direzione in cui l'Unione e le sue istituzioni debbano evolvere. Al Consiglio non spetta, pertanto, alcuna discrezione o scelta politica, relativamente a tale direzione. Tuttavia, il Consiglio non ha fornito ragioni obiettive a motivazione della propria impossibilità di muoversi in tale direzione e aprire al pubblico le sue sedute in qualità di legislatore. Seconda: per quanto riguarda il processo verso il conseguimento di tale obiettivo, il tempo costituisce un fattore importante. Il Mediatore ritiene pertanto che l'analisi non possa limitarsi alle disposizioni che furono introdotte dal trattato di Amsterdam, ma debba tenere conto degli sviluppi successivi. In tale contesto, è importante osservare che il Consiglio stesso, nel nuovo regolamento interno adottato nel 2000, ha introdotto norme che prevedono una più ampia apertura delle sue sedute in qualità di legislatore. È opinione del Mediatore che il Consiglio abbia così ribadito la necessità e la possibilità di prendere provvedimenti al fine di aumentare la trasparenza della propria attività legislativa. L'adozione del nuovo regolamento interno nel 2000 conferma peraltro che questo era ed è possibile conformemente alle disposizioni attuali del diritto comunitario.
Nella loro denuncia, i denuncianti sostenevano che l'adozione del progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, nel 2003, e la sua firma da parte di tutti gli Stati membri dell'UE, nel 2004, costituivano eventi importanti e rilevanti per il loro caso. Tale trattato non è stato ancora ratificato da tutti gli Stati membri e così non è ancora entrato in vigore. A scanso di equivoci, si noti che la valutazione del caso in esame da parte del Mediatore si basa sui trattati esistenti e sul diritto comunitario attualmente vigente, non sul trattato che adotta una Costituzione per l'Europa.
Il Mediatore mantiene pertanto la sua opinione secondo cui il fatto che il Consiglio rifiuti di decidere di riunirsi in seduta pubblica ogniqualvolta deliberi in qualità di legislatore senza fornire validi motivi per tale rifiuto è un caso di cattiva amministrazione.
La raccomandazione del Mediatore
Alla luce di quanto esposto, il Mediatore riformula il suo progetto di raccomandazione in una raccomandazione al Consiglio nei seguenti termini:
Il Consiglio dell'Unione europea dovrebbe riconsiderare il suo rifiuto di decidere di riunirsi in seduta pubblica ogniqualvolta deliberi in qualità di legislatore.
Il Parlamento europeo potrebbe prendere in considerazione la possibilità di adottare tale raccomandazione sotto forma di risoluzione.
Strasburgo, 4 ottobre 2005
P. Nikiforos DIAMANDOUROS
[1] Decisione del Parlamento europeo, n. 94/262 del 9 marzo 1994, sullo Statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del Mediatore, GU L 113 del 1994, pag. 15.
[2] GU L 230 del 2002, pag. 7. Il testo di queste disposizioni è riportato nel progetto di raccomandazione del Mediatore relativo al caso in esame, disponibile (in inglese e tedesco) sul sito Web del Mediatore europeo (http://www.euro-ombudsman.eu.int).
[3] Cfr. pagg. 22-23.
[4] Cfr. relazione annuale del Mediatore per il 2002, pag. 18.
[5] Può risultare utile sottolineare che l'art. 49, par. 2, del progetto di trattato costituzionale è diventato l'art. 50, par. 2, del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa ed è stato leggermente modificato nella formula. La disposizione è ormai espressa come segue: "Il Parlamento europeo si riunisce in seduta pubblica, così come il Consiglio allorché delibera e vota in relazione ad un progetto di atto legislativo."
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