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Decisione della Mediatrice europea che conclude l'indagine sulla denuncia 1078/2013/EIS contro la Commissione europea

Il caso in esame riguarda la gestione da parte della Commissione di una denuncia di infrazione relativa all'approccio delle autorità italiane riguardo al riconoscimento delle qualifiche estere di ingegneri. La denuncia è nata dal fatto che le autorità italiane hanno mancato di riconoscere una qualifica intermedia che dà accesso alla qualifica finale. La Commissione ha constatato che autorità italiane hanno mancato di ottemperare al diritto pertinente nel caso del denunciante. Tuttavia, in assenza di una prassi amministrativa sistematica e generale delle autorità italiane contraria al diritto dell'UE, la Commissione ha deciso di non avviare una procedura di infrazione contro l'Italia. La Mediatrice ha svolto un'indagine sulla questione e ha rilevato che il rifiuto delle autorità italiane di tenere conto della posizione della Commissione per quanto attiene al caso del denunciante indicava che si trattava di una questione sistematica che avrebbe meritato l'intervento della Commissione senza attendere che sorgessero problemi simili in futuro. Ha pertanto proposto una soluzione amichevole suggerendo che la Commissione riprendesse l'indagine relativa alla denuncia di infrazione del denunciante. Dal momento che, nella sua risposta alla proposta di soluzione amichevole della Mediatrice, la Commissione i) ha esplicitamente dichiarato che la decisione delle autorità nazionali nel caso del denunciante era errata, e ii) si è impegnata a seguire la questione qualora altri casi simili fossero portati alla sua attenzione, la Mediatrice ha concluso che non si configurava una cattiva amministrazione e ha archiviato il caso.

Antefatti

1. La denuncia riguarda la gestione da parte della Commissione di una denuncia di infrazione relativa all'approccio delle autorità italiane riguardo al riconoscimento delle qualifiche estere di ingegneri. La denuncia di infrazione fa seguito al mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane di una qualifica intermedia che dà accesso a quella finale.

2. Il denunciante è un cittadino italiano che ha studiato ingegneria nel Regno Unito dove ha ottenuto, in base alle sue precedenti qualifiche altresì ottenute nel Regno Unito, i) una qualifica di Chartered Engineer (in seguito "CEng"), conferita dal Engineering Council e dall'Institution of Engineering & Technology nel 2006; ii) dottorato (PhD) in ingegneria della produzione industriale, conferito dalla Brunel University di Londra nel maggio 2011.

3. L'articolo 11 della direttiva 2005/36/CE[1] (in seguito "la direttiva") stabilisce i seguenti cinque livelli di riconoscimento delle qualifiche professionali:

● attestato di competenza rilasciato da un'autorità competente dello Stato membro d'origine che certifica che il titolare ha acquisito le conoscenze generali corrispondenti a un livello d'insegnamento primario o secondario o ha ricevuto una formazione non facente parte di un certificato o di diploma o ha sostenuto un esame specifico non preceduto da una formazione o ha tre anni di esperienza professionale;

● certificato corrispondente a una formazione di livello secondario tecnica o professionale o di carattere generale, completata da un ciclo di studi o di formazione professionale;

● diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento post-secondario di almeno un anno ovvero di una formazione professionale comparabile in termini di responsabilità e funzioni;

● diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario di una durata minima di tre anni e non superiore a quattro anni; e

● diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario della durata di almeno quattro anni.

4. Dal momento che nel 2007 intendeva esercitare la professione di ingegnere in Italia, il denunciante ha richiesto al ministero italiano della Giustizia di riconoscere la sua qualifica di "CEng" equiparandola a un diploma che attesta il compimento di una formazione a livello di insegnamento superiore o universitario della durata di almeno quattro anni, che gli avrebbe consentito di essere iscritto all'Albo degli Ingegneri italiani alla sezione A (ingegnere industriale)[2].

5. Le autorità italiane hanno sostenuto che il denunciante non possedeva un diploma di primo livello o un diploma equivalente. Di conseguenza, il denunciante è stato iscritto all'Albo degli Ingegneri alla sezione B (Ingegnere junior - qualifica corrispondente al terzo punto in neretto sopra) dell'Albo degli Ingegneri invece che alla sezione A, come da lui richiesto. Secondo il denunciante, l'iscrizione all'Albo come "Ingegnere junior" non è sufficiente ad avere accesso o ad esercitare la professione di ingegnere in Italia né è equivalente al titolo di "Chartered Engineer" nel Regno Unito.

6. Dato che le autorità italiane hanno rifiutato di riesaminare la loro decisione, il denunciante ha presentato una denuncia di infrazione alla Commissione, sostenendo che le autorità italiane non hanno rispettato la direttiva. Ha anche presentato alla Commissione un elenco di altre persone le cui qualifiche presumibilmente non erano state riconosciute pienamente dalle autorità italiane. La Commissione ha esaminato la questione e ha concluso che, nel caso del denunciante, le autorità italiane hanno mancato di condurre la procedura di riconoscimento conformemente alle norme stabilite nella direttiva. Tuttavia, dato che la Commissione ha concluso che il caso del denunciante costituiva un caso isolato, ha ritenuto che le autorità italiane non avessero sviluppato una prassi amministrativa sistematica e generale contraria al diritto dell'UE. Alla luce di tali circostanze e sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ("CGUE")[3], la Commissione ha deciso di non avviare una procedura di infrazione contro l'Italia. Scontento di questa posizione, il denunciate ha successivamente presentato una denuncia alla Mediatrice europea[4].

Allegazione secondo cui la Commissione non ha trattato in modo adeguato la denuncia d'infrazione del denunciante e relativa richiesta

La proposta di soluzione amichevole della Mediatrice

7. Il 4 settembre 2014, e avendo accuratamente esaminato gli argomenti e i pareri presentati dalle parti, la Mediatrice ha formulato la conclusione in via preliminare che la Commissione non aveva trattato in modo adeguato la denuncia di infrazione del denunciante sotto ogni aspetto.

8. Nella sua analisi del caso, la Mediatrice ha osservato che la Commissione concorda che vi sia stata un'infrazione nel caso del denunciante ma sostiene che il caso del denunciante costituisce un caso isolato di errata applicazione del diritto dell'UE da parte delle autorità italiane. Pertanto, in assenza di una prassi sistematica e generale delle autorità italiane, la Commissione ha deciso di archiviare la denuncia d'infrazione del denunciante. La Mediatrice osserva che, come correttamente osservato dalla Commissione, la decisione di conferire il titolo di "Chartered Engineer" nel Regno Unito è di competenza delle autorità britanniche e le autorità italiane non avrebbero potuto impugnare tale decisione. La Mediatrice osserva inoltre che la Commissione ha esplicitamente comunicato alle autorità italiane che la loro interpretazione del diritto dell'UE era errata e che pertanto le modalità di trattamento del caso del denunciante avevano dato luogo a una violazione del diritto dell'UE.

9. Occorre tuttavia tener presente che le autorità italiane non hanno tenuto conto del parere della Commissione e hanno sostenuto che nel caso in questione non vi era stata alcuna infrazione. Secondo la Mediatrice, tale atteggiamento induce a pensare che casi analoghi sarebbero stati trattati in maniera simile e che di conseguenza si tratta di una questione sistematica che richiede l'intervento della Commissione, senza attendere che sorgano problemi simili in futuro. La Mediatrice riconosce che la Commissione è intervenuta rapidamente e con lodevole chiarezza dopo che il denunciante l'aveva informata del problema. Alla luce di quella che avrebbe potuto essere un'opposizione di principio delle autorità italiane, la Mediatrice ritiene che sarebbe stato opportuno seguire le fasi iniziali al fine di chiarire la questione una volta per tutte invece di procedere all'archiviazione del caso. In tal modo, la Commissione avrebbe inoltre avuto l'occasione di chiedere alle autorità italiane maggiori dettagli sui casi delle altre persone citate dal denunciante a sostegno della sua tesi secondo cui esiste un'infrazione sistematica e generale.

10. Alla luce di quanto sopra, la Mediatrice ha formulato la seguente proposta di soluzione amichevole alle parti:

"Alla luce di quanto sopra, la Mediatrice propone che la Commissione riprenda l'indagine relativa alla denuncia d'infrazione del denunciante. Dal momento che sono trascorsi oltre tre anni dalla prima denuncia d'infrazione del denunciante, sarebbe opportuno che, in questa fase, la Commissione proseguisse l'indagine in modo risoluto."

11. Il 18 dicembre 2014, la Commissione ha risposto alla proposta di soluzione amichevole della Mediatrice. Ha spiegato che, in due dei casi riferiti dal denunciante, che erano simili al suo caso, le autorità italiane avevano chiesto informazioni supplementari ai richiedenti. Gli Stati membri sono autorizzati ad avanzare tali richieste e tale azione non implica l'esistenza di una violazione del diritto dell'UE. Tuttavia, né il denunciante né le persone interessate hanno comunicato alla Commissione le decisioni finali. Non vi era quindi nessuna indicazione del fatto che le autorità italiane avessero trattato casi simili nello stesso modo in cui hanno trattato quello del denunciante.

12. La Commissione prosegue ribadendo, con riferimento alla giurisprudenza pertinente della CGUE, che una prassi amministrativa può costituire oggetto di ricorso per inadempimento qualora risulti, in una certa misura, costante e generale[5], e che l'inadempimento di uno Stato membro può essere provato soltanto mediante una "dimostrazione sufficientemente documentata e circostanziata della prassi rimproverata alle autorità amministrative e/o giudiziarie nazionali"[6]. Per esempio, la CGUE ha sostenuto che riferirsi a cinque casi precedenti come prova di un inadempimento non è sufficiente per adempiere all'onere della prova che spetta inizialmente alla Commissione[7].

13. Per quanto riguarda l'elenco presentato dal denunciante relativo a 16 persone titolari della qualifica di ingegnere del Regno Unito e del Canada, la Commissione ha sostenuto che questi elementi indicano piuttosto il fatto che le autorità italiane hanno correttamente riconosciuto le qualifiche britanniche di ingegnere, dato che le altre persone (eccetto una) erano state trattate in modo più positivo del denunciante. Dato che pertanto la Commissione non aveva alcuna prova concreta per suggerire l'esistenza di una prassi amministrativa contraria al diritto dell'UE, ha deciso di non portare avanti la sua indagine sul caso del denunciante. Ha aggiunto, tuttavia, che resta disponibile ad avviare una nuova indagine se, dietro comunicazione di altre decisioni simili prese dalle autorità italiane, dovesse emergere l'esistenza di una tale prassi sistematica. La Commissione ha infine suggerito che il denunciante consideri la possibilità di cercare rimedio giuridico dinanzi ai tribunali nazionali competenti.

14. Nelle sue osservazioni sulla risposta della Commissione, il denunciante ha ritenuto che la Commissione ignorasse il diritto e pertanto non rispettasse il suo ruolo statutario di custode dei trattati. Ha ritenuto contraddittorio che, da una parte, la Commissione dichiarasse che due casi fossero simili al suo mentre, dall'altra, ritenesse di non avere tutte le informazioni necessarie per adottare una posizione al riguardo. In tale contesto, la Commissione non avrebbe dovuto essere in grado di dichiarare che, nel suo caso, vi sia stata una violazione della direttiva 2005/36/CE. Ha ribadito il suo punto di vista secondo cui l'analisi della Commissione del suo caso è stata superficiale e non corretta e ha portato a discrepanze nel modo in cui sono stati trattati lui e altri ingegneri che hanno ottenuto qualifiche analoghe da università del Regno Unito, suggerendo così l'esistenza di una prassi sistematica. Infine, non ha ritenuto utile il consiglio della Commissione di cercare rimedio giuridico dinanzi ai tribunali italiani data la riluttanza delle autorità italiane di gestire in modo adeguato il suo caso.

La valutazione della Mediatrice in seguito alla proposta di soluzione amichevole

15. La Mediatrice basa la sua proposta di soluzione amichevole sul fatto che, nonostante la lettera della Commissione alle autorità italiane, in cui affermava che nel caso del denunciante avevano mancato di ottemperare alla direttiva, le autorità italiane hanno mantenuto la loro posizione secondo cui nessuna infrazione ha avuto luogo in questo caso. Secondo la Mediatrice, tale atteggiamento indicava chiaramente il rischio che, in casi simili, le autorità italiane avrebbero adottato la stessa posizione.

16. Nella sua risposta alla proposta di soluzione amichevole, la Commissione ha esplicitamente dichiarato che la decisione delle autorità italiane nel caso del denunciante era errata. Tuttavia, ad oggi, nessun altro caso simile è stato portato alla sua attenzione, e due dei casi riferiti dal denunciante sono ancora in sospeso. Pertanto, tra i casi archiviati, il caso del denunciante resta ancora un caso isolato. Oltre a ritenere che la posizione della Commissione sia stata superficiale e non corretta, il denunciante non ha presentato ulteriori argomenti che possono mettere in dubbio le conclusioni della Commissione. In tali circostanze, e tenendo conto delle rigorose esigenze di onere della prova derivanti dalla pertinente giurisprudenza[8], la Mediatrice ritiene che la Commissione abbia presentato argomenti convincenti per spiegare il motivo per cui ritiene che, almeno allo stato attuale, non esista una prassi generale contro la quale debba intervenire.

17. Inoltre, la Mediatrice osserva che la Commissione si è impegnata a dar seguito alla questione qualora casi simili siano portati alla sua attenzione. Per esempio, le decisioni nei due casi pendenti riferiti dal denunciante possono confermare l'esistenza di infrazioni sistematiche o, al contrario, dimostrare che le autorità italiane hanno cambiato la loro posizione iniziale e adesso ottemperano alle pertinenti disposizioni del diritto dell'UE. Alla luce di quanto precede e anche perché la Commissione ha espresso la propria disponibilità ad esaminare nuovamente la questione qualora necessario, la Mediatrice ritiene che la Commissione abbia fornito motivazioni adeguate sulla sua posizione e abbia adottato misure sufficienti per svolgere efficacemente il suo ruolo di custode dei trattati. Non si ravvisa pertanto alcuna cattiva amministrazione in questo caso.

18. Per quanto attiene alla situazione specifica del denunciante, la Commissione ha suggerito che si rivolgesse ai tribunali nazionali competenti in Italia. La Mediatrice ritiene che questo sia invero ciò che il denunciante potrebbe fare, soprattutto in considerazione del fatto che una chiara dichiarazione della Commissione sostiene la sua posizione.

Conclusione

In base all'indagine da lei condotta in merito alla presente denuncia, la Mediatrice archivia il caso con la seguente conclusione:

Non si ravvisa alcun caso di cattiva amministrazione nel caso di specie.

 

Emily O'Reilly
Strasburgo, 07/07/2015

 

[1] Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, GU 2005 L 255, pag. 22.

[2] L'Albo degli Ingegneri italiano è tenuto dal Consiglio nazionale degli ingegneri.

[3] Cfr., ad esempio, la causa C-287/03 Commissione/Belgio [2005], Racc. I-3761, paragrafo 29.

[4] Per ulteriori informazioni sugli antefatti della denuncia, gli argomenti delle parti e l'indagine della Mediatrice, si prega di far riferimento all'intero testo della proposta di soluzione amichevole della Mediatrice disponibile al seguente link: http://www.ombudsman.europa.eu/cases/correspondence.faces/it/60237/html.bookmark.

[5] Causa C-494/01 Commissione/Irlanda [2005], Racc. I–3331, paragrafo 28.

[6] Causa C-441/02 Commissione/Germania [2006], Racc. I–3449, paragrafo 49.

[7] Causa C-150/07 Commissione/Portogallo [2009], Racc. I–7, paragrafi 67-69.

[8] Cfr. le note 5 e 6.